Domanda all'Amministratore

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L’assemblea dei condomini con la stessa maggioranza necessaria alla sua elezione, senza necessità di uno specifico punto all’ordine del giorno può in qualunque momento revocare il mandato conferito, anche senza specifica motivazione.

L’amministratore dura in carica un anno e si intende rinnovato per eguale durata. Può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea. (vedi art.1129 C.C.). Per la sua nomina/rinnovo o revoca e’ necessario un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la meta’ del valore dell’edificio (500 millesimi).

L’assemblea ordinaria è annuale, va convocata entro sei mesi dalla chiusura della gestione e deve prevedere la presentazione e l’approvazione del rendiconto annuale, oltre alla nomina dell’amministratore per il nuovo anno. Le assemblee straordinarie sono convocate ogni volta che ce ne sia bisogno.

Nell’ambito dei suoi poteri sulle cose comuni, l’amministratore può scegliere le ditte fornitrici di servizi, l’assemblea ha il compito di vigilare approvando o meno il suo operato nell’assemblea di fine anno.

Uno degli obblighi dell’amministratore è riscuotere le quote dovute da tutti i condomini entro sei mesi dalla chiusura della gestione. Entro tale data è opportuno che egli abbia provveduto a sollecitare almeno due volte il pagamento del saldo dovuto. Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto d’ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione. Questo garantisce la continuità dei servizi per il condominio tutto.

Ogni singolo condomino ha il diritto di consultare in ogni momento la documentazione relativa alla gestione e alle spese sostenute. I condomini hanno quindi il potere e l’interesse a vigilare sull’operato dell’amministratore.

Legalmente, la nomina di un amministratore è obbligatoria quando i condòmini sono più di otto. Se l’assemblea non vi provvede, la nomina può essere fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini. (vedi art.1129 C.C.)
Per i condominii fino ad otto unità, la nomina di un amministratore è facoltativa, ferma restando che, in assenza, tutte le responsabilità e gli adempimenti in capo a questa figura, saranno ricondotti a quel condòmino che, di fatto, ne svolge le funzioni. Qualora non fosse individuabile con chiarezza, saranno equamente distribuite fra tutti i condòmini.

L’amministratore deve essere un professionista in possesso dei seguenti requisiti:
a) godimento dei diritti civili;
b) non sia stato condannato per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) non sia stato sottoposto a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) non sia interdetto o inabilitato;
e) non risulti annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
f) abbia conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) abbia frequentato un corso di formazione iniziale e svolga attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
Può svolgere l’incarico di amministratore di un condominio anche un condomino dello stesso. In tal caso non è tenuto al possesso dei requisiti di cui sopra.

L’amministratore dura in carica un anno e si intende rinnovato per eguale durata. Può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea. (vedi art.1129 C.C.). Per la sua nomina/rinnovo o revoca e’ necessario un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la meta’ del valore dell’edificio (500 millesimi).

Contrariamente a quanto pensano i più il condominio è costituito dalle parti comuni dell’edificio e non dai proprietari delle singole unità immobiliari; il condominio si costituisce nel momento in cui sono presenti almeno due proprietari distinti aventi la comunione su parti comuni dell’edificio. La legge fissa a otto il numero massimo di condomini che possono fare a meno dell’amministratore e i condomini fino a dieci condomini possono fare a meno del regolamento di condominio

Quando in un edificio il numero dei condòmini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento che contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (vedi art.1138 C.C.). Tale regolamento non potrà comunque in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.
Limitazioni ai diritti reali possono essere introdotte unicamente nei regolamenti “contrattuali” che dovranno essere trascritti e allegati ad ogni atto di compravendita delle unità immobiliari facenti parte del condominio.

L’amministratore ha l’obbligo di redigere il bilancio in modo chiaro e comprensibile. È tenuto a chiarire a ogni interessato il reale significato di ogni voce di spesa, inoltre deve esibire il relativo documento attestante il pagamento.

La legge vieta all’amministratore di rappresentare i condomini in assemblea, le deleghe all’amministratore sono da considerarsi nulle e quindi inutili ai fini dei quorum assembleari.

Le delibere annullabili sono contestabili entro trenta giorni da quando l’interessato ne è venuto a conoscenza. Per tanto il condomino astenuto o contrario in assemblea, in caso di delibera annullabile, ha trenta giorni a partire dalla data di svolgimento dell’assemblea per far ricorso all’autorità giudiziaria, il condomino assente dalla data di notifica del verbale.

La pubblicazione dei dati sul web non è obbligo di legge e la legge non specifica quali dati debbano essere pubblicati. Noi lo consideriamo uno strumento utile anche all’amministratore e lo offriamo gratuitamente a tutti i nostri condomini.

Il caso oggetto del quesito sembra riguardare un intervento diretto a ripristinare la funzionalità dell’impianto termico, attraverso la sostituzione di una caldaia a gas con altra analoga.

Per la delibera di approvazione di tale intervento occorrerà l’assenso della maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. (maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi), non trattandosi di innovazione. I millesimi da utilizzare per il computo di tale maggioranza sono quelli della tabella di proprietà.

La giurisprudenza è infatti costante nell’affermare che – salvo diverse disposizioni del regolamento contrattuale o salvo una diversa convenzione che obblighi tutti i condomini- le spese di sostituzione della caldaia condominiale devono essere ripartite secondo i millesimi di proprietà e non secondo l’uso che ciascun condomino può farne, trattandosi di spese che riguardano la proprietà di un impianto: cfr. Cassazione sez. II civile, sentenza 27.01.2004 n° 1420: “Va, infatti, in generale precisato che, trattandosi di spese che attengono alla conservazione, cioè alla tutela dell’integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell’impianto comune, esse interessano i condomini quali proprietari dell’impianto, a cui carico la legge (articolo 1123 primo comma Cc) pone l’obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi obbligazioni propter rem, che, nascendo dalla contitolarità del diritto reale sull’impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che esprime la misura della appartenenza.

In altri termini, è proprio il nesso che esiste fra il diritto di comproprietà e l’obbligo, che fa si che il quantum del contributo debba corrispondere al valore della quota.

Consegue da ciò che, ove nell’edificio condominiale vi siano locali (ad esempio box-cantine) non serviti dall’impianto di riscaldamento centralizzato, i condomini titolari, soltanto, della proprietà di tali locali, non sono contitolari dell’impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessorietà, cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale all’uso o al servizio di quei beni; cosicché, venendo meno il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune dell’impianto viene meno anche l’obbligazione propter rem di contribuire alle spese per la conservazione dello stesso” (conformi: Cass. Civ. 07.06.2000 n.7730 e Cass. Civ. 08.05.96 n.4270).

Pertanto, la spesa occorente per la sostituzione dovrà essere ripartita tra i condomini secondo i millesimi di proprietà.

Ripartizione della spesa di impermeabilizzazione di un cortile sotto il quale sono posti i box

Sulla ripartizione della spesa di impermeabilizzazione del cortile.

 

La fattispecie sembra poter essere disciplinata con il criterio di ripartizione di cui all’art.1125 cod.civ., che prevede la ripartizione della spesa in parti uguali fra i proprietari dei due diversi piani.

Nel caso che ci occupa, infatti, il solaio di copertura dei locali interrati funge da sostegno al terrazzo (Cass.14-9-2005 n.18194, con un precedente in Cass.18-3-1989 n.1362 e altre).

Si riporta in massima la recente sentenza, che ha innovato l’orientamento precedente:

In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all’edificio condominiale che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condòmino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall’art.1126 cod.civ. (presupponendosi l’equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell’immobile condominiale, ma al servizio di questo, a una terrazza a livello), dovendosi invece procedere ad una applicazione analogica dell’art.1125 cod.civ. il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l’uso esclusivo della stessa determina la necessità dell’inerente manutenzione, in tal senso verificando un’applicazione particolare del principio generale dettato dall’art.1123 co.2 cod.civ.“.

La spesa andrà quindi sostenuta per metà dalla proprietà dell’autorimessa e per l’altra metà da tutti i condòmini che utilizzano la detta area, secondo le quote eventualmente stabilite da Regolamento, con la precisazione che restano a carico del proprietario superiore le spese per la pavimentazione e a carico di quello sottostante l’intonaco, la tinteggiatura e la decorazione.

La metà della spesa relativa al cortile andrà ripartita in base alla tabella di proprietà generale. In favore di questa soluzione operano due elementi: il primo è la destinazione del cortile all’uso generale, non solo di transito e sosta, ma anche di distacco dagli stabili adiacenti per fornire aria e luce alle unità immobiliari del Condominio, talchè stante la presunzione di cui all’art.1117 cod.civ. il cortile può ben dirsi di uso comune; il secondo è la previsione, un po’ vaga ed impropria, del Regolamento che annovera fra le parti comuni “il suolo su cui sorge lo stabile e relative pertinenze”.

L’altra metà della spesa deve essere ripartita fra tutti coloro che sono proprietari di un box secondo la rispettiva quote millesimale.

In risposta all’obiezione sollevata da taluni condòmini, va precisato che nessuna rilevanza può avere la ubicazione dei punti di infiltrazione, atteso che il cortile funge da copertura di tutti i box e relativa aree di manovra e pertanto non può ammettersi l’esonero di alcun proprietario dalla partecipazione alla spesa da dividere pro quota.

L’art.1136 co.4 cod.civ. stabilisce che “Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore … devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma”, ossia una maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno metà del valore dell’edificio (500 mm).

L’indirizzo della giurisprudenza, quasi unanimemente, è Andato nel senso di ritenere che tale disposto valga anche per le ipotesi di conferma dell’amministratore nel mandato a suo tempo ricevuto, poichè trattasi pur sempre di nomina anche nei casi di mera conferma.

Altra dottrina, prescindendo dal dato testuale dell’assenza di ipotesi diverse dalla nomina o dalla revoca, ha ritenuto che la conferma dell’amministratore da parte dell’assemblea sia una fattispecie diversa da quella della nomina.

Mentre la nomina riguarderebbe solo il nuovo amministratore in sostituzione del precedente, richiedendo quindi una maggioranza qualificata per aversi una decisione ponderata e largamente condivisa fra i condòmini, la conferma consisterebbe solo nella mera ripetizione di una volontà fiduciaria già a suo tempo espressa.

E dunque, non essendo prevista dalla legge una maggioranza specifica, la conferma sarebbe validamente adottata con la maggioranza di cui al comma 3 dell’art.1136 cod.civ. (un terzo dei condòmini e un terzo dei millesimi).

Quest’ultimo indirizzo dottrinario, non accolto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, è stato invece condiviso da alcune recenti pronunce di merito, in particolare dal Tribunale di Roma, con sentenza n.10701/2009 e dal Tribunale di Bologna con sentenza 17-9-2009.

Non si può fare a meno di osservare tuttavia che tale orientamento è assai recente, non ancora recepito dalla giurisprudenza di Cassazione, e le due pronunce, da considerare con prudente apprezzamento, non costituiscono certamente un indirizzo diffuso o consolidato.

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